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Importanti documenti siciliani in tedesco?

Questa è la storia di tesoro misconosciuto: Sizilianische Märchen, opera di Laura Gonzenbach, fu accolto con entusiasmo dagli studiosi italiani e tedeschi in occasione della sua pubblicazione, avvenuta nel 1870, e poi è praticamente finito nel dimenticatoio. Eppure gli elementi per incuriosire il pubblico ce li aveva tutti: si tratta infatti di una raccolta di fiabe siciliane scritte in tedesco da una svizzera nata a Messina.
Tuttavia, forse per una questione di invidia accademica, gli antropologi e gli studiosi italiani l’hanno ignorata. A cercare di risollevare la sua fortuna è stata una nipote, Renata La Racine, che nel 1964 ha pubblicato una traduzione della selezione di favole raccolte dalla nonna, un opera dal titolo Tradizione popolare nelle fiabe siciliane di Laura Gonzenbach, che però non è riuscita a catturare l’attenzione di letterati e intellettuali. Ha riscosso maggiore successo l’ultima edizione, quella che risale al 1999: a tradurre il libro della Gonzenbach sono stati Vincenzo Consolo e Luisa Rubini, che ne hanno dato alle stampe una versione corredata da un’introduzione e da un ricco apparato di note.

 

Eppure anche questo volume, per quanto accurato, non è riuscito a restituire a Sizilianische Märchen la fama che meriterebbe. Le notizie sul conto dell’autrice di questa straordinaria racconta sono abbastanza frammentarie perché molti documenti so andati perduti nel terremoto che distrusse Messina nel 1908. I biografi sono riusciti comunque a risalire ad alcuni punti fermi: Laura Gonzenbach nacque nella città siciliana nel 1842. Il padre svizzero, lavorava come agente di commercio per delle industrie tessili svizzere e tedesche, mentre la madre era originaria di una cittadina della Germania. I genitori si erano trasferiti a Messina vent’anni prima della nascita di Laura e qui avevano dato luce ben otto figli (sette femmine e un maschio), di cui Laura era la penultima. Laura ricevette un’eccellente educazione, soprattutto grazie alla sorella Magdalena, che si prese cura di lei a seguito della morte della madre, avvenuta nel 1847. Magdalena a donna straordinaria, di grande cultura, che supportò la causa delle suffragette al punto da tradurre in tedesco l’opera di un’importante femminista inglese del suo tempo, Fanny Lewald. La sua influenza sulla formazione della sorella minore non va sottovalutata: anche se non frequentò l’università, Laura parlava quattro lingue (tedesco, francese, italiano e siciliano) e aveva un’innata passione per l’arte e la letteratura. Nel 1869 sposò il colonnello La Racine, originario della Savoia, da ebbe cinque figli. Insieme si trasferirono a Napoli. Della sua vita non si sa altro, a parte che morì nel 1878 a Messina.

 

Fu un prete protestante, Otto Hartwig, a indirizzarla alla scrittura. Hartwig era uno studioso e aveva fatto delle ricerche sulla storia della Sicilia; quando dovette lasciare l’isola, chiese a Laura, che faceva parte della cerchia delle sue conoscenze, di raccogliere per conto suo delle fiabe locali, che intendeva includere come appendice in un suo libro sulla cultura siciliana. Non avrebbe potuto scegliere un’aiutante migliore: Laura conosceva il dialetto e si era guadagnata la fiducia di molte contadine del messinese e del catanese, che le raccontarono le fiabe che appartenevano alla loro tradizione. Hartwig riconobbe il valore della sua opera e decise che sarebbe stato più opportuno pubblicare la raccolta separatamente e non come appendice. Le caratteristiche principali dell’opera della Gonzenbach sono la grande varietà delle favole, il fatto che a raccontargliele si state delle donne, la cui voce in passato nessuno si occupava di registrare, e l’abbondanza di riferimenti a usi e costumi della Sicilia contadina.

Giovane siciliana incisione tratta da Le cento citta d’Italia

 

La prospettiva femminile è uno dei principali pregi dell’opera: protagoniste delle fiabe sono giovani fanciulle innamorate, contadinelle, matrigne, che fanno sì che qu raccolta fornisca un punto di vista diverso rispetto a quello dei coevi antropologi. E non solo: Laura Gonzenbach, pur essendo straniera, è riuscita a catturare l’essenza della sicilianità, lo spiri to della tradizione orale isolana, a restituire (seppure in tedesco) le parole uscite dalla bocca delle contadine e delle popolane siciliane, a fornire ai posteri un chiaro quadro di come vivevano le classi più umili, senza censure né intermediazioni: protagoniste delle sue storie sono infatti per esempio «una scaltra contadinella», Maruzzedda la figlia dello scarparo, tanti figli di mercanti, e anche qualche principessa o regina, la maggior parte delle quali cattive e vendicative. È possibile che Laura abbia editato la sua opera, ma di sicuro non eliminò nessun riferimento alla sfera sessuale (era una donna emancipata e non si vergogna- va a parlare di sesso, a differenza degli antropologi maschi suoi contemporanei), né alcun accenno alla violenza e alla brutalità che caratterizzavano la vita dei suoi protagonisti, elementi che invece altri suoi contemporanei preferirono espungere dai loro resoconti su usi, costumi e tradizioni, dando cosi una versione edulcorata della realtà dei loro tempi. Il tutto quando non aveva ancora compiuto trent’anni. Non sarebbe azzardato sostenere che la Gonzenbach avrebbe avuto, alla stregua di Giuseppe Pitrè, un ruolo fondamentale nella salvaguardia delle tradizioni e del folklore siciliani. Se solo la sua opera fosse stata diffusa come avrebbe meritato.

 

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